Ciao Paolo piacere di conoscerti e benvenuto! Iniziamo con l’intervista:
Sono un ricercatore faunistico, mi occupo di conservazione e gestione della fauna da oltre 30 anni a livello internazionale. Ho lavorato per 20 anni per diversi istituti e organizzazioni all’estero ed ho partecipato a diverse spedizioni. Sono membro di diverse Commissioni e Istituzioni in qualità di consulente. Una delle tematiche principali di cui mi occupo è la ricerca, gestione e conservazione dei grandi mammiferi carnivori.
La mia grande passione è la lince. Sono autore di innumerevoli pubblicazioni scientifiche e divulgative.
Mi parli del Progetto Lince Italia, quando è iniziato e che obiettivi ha?
Un gruppo di professionisti e appassionati naturalisti che a diverso titolo si occupavano di lince dai primi anni ‘1990, nel 1998 diedero vita formalmente al Progetto Lince Italia (si posso seguire anche i canali social Pagina Facebook e profilo Instagram), una associazione culturale di ricerca con sede legale presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino.
Gli obiettivi sono quelli di fare ricerca e conservazione nel campo della fauna selvatica, con particolare riguardo ai grandi mammiferi carnivori, in primis la lince eurasiatica. Molte le attività che svolge, anche nel campo dei servizi per enti pubblici, nella didattica e nella divulgazione. Importante le numerose partecipazioni, in qualità di partner beneficiari, a progetti Europei come Interreg e Life. I due attualmente più importanti per la lince sono l’Interreg Central Europe 3Lynx e il Progetto Europeo Life Lynx.
In quanti siete e con chi collaborate in Italia e all’estero?
Attualmente il PLI è costituito da 15 persone. Sia in Italia che all’estero le collaborazioni sono molte, sia a livello accademico che a livello di organizzazioni e istituzioni. Limitandoci alle linci, le collaborazioni specifiche e più importanti sono con il “KORA Switzerland”, una fondazione ambientale di eccellenza internazionale, la SCALP (Status and Conservation of Alpine Lynx Population), una organizzazione di esperti a livello alpino e con l’IUCN Cat Specialist Group, una task force all’interno di questa organizzazione mondiale per la conservazione della natura.
Parliamo delle Linci, quanti esemplari ci sono oggi in italia? Da quanto sono presenti in Italia?
Le prime linci italiane sono degli anni ’80, animali immigrati spontaneamente dall’estero (Austria, Svizzera e Slovenia) dove erano stati fatti progetti di reintroduzione.
Nei tempi d’oro, fine anni ‘1990 si stimavano una ventina di individui. Alcuni erratici nelle Alpi occidentali, un piccolo nucleo in Trentino e un altro nucleo in Friuli Venezia Giulia. Oggi sopravvive solo un piccolissimo nucleo di 3 – 4 individui in Friuli, nel Tarvisiano a cavallo con il territorio sloveno e austriaco, nell’area dei tre confini, dove si incontrano le Alpi Carniche, Giulie e Caravanche.
Un territorio con alta valenza biogeografica, uno dei più importanti corridoi faunistici italiani, alpini ed europei. Ponte tra i Monti Dinarici (Balcani) e le Alpi. Da qui negli anni ’50 è rientrato il cervo in Italia . . . e dopo di lui altre specie come l’orso, la lince, la lontra, il castoro . . . . è un hot spot faunistico e di biodiversità eccezionale.
E negli stati limitrofi all’Italia?
Con gli inizi del 1900 la lince era scomparsa da tutte le Alpi. A partire dagli anni ’70 in diversi paesi sono stati fatti dei progetti di reintroduzione e la lince ha iniziato a diffondersi. In qualche area come in Svizzera ha dato vita ad una popolazione vitale, in altre come in Slovenia si è sviluppata una popolazione dinamica che tuttavia poi è crollata, per arrivare a meno di 20 individui attualmente, in altri paesi non è riuscita a stabilirsi per niente.
Qual è lo status attuale della lince in Italia? Come sta?
La lince attualmente è il mammifero più raro del nostro paese. Sta male e rischia di riscomparire. Come nella vicina Slovenia e in Austria. Le cause del nuovo declino di questa popolazione delle Alpi Sud-orientali e dei Monti Dinarici sono legate in parte al bracconaggio, ma soprattutto a un impoverimento genetico.
I pochi individui fondatori non hanno garantito una diversità sufficiente, per cui attualmente la consanguineità, con risvolti negativi come immunodeficienza e perdita di fertilità, rappresenta un serio limite.
Cosa si sta facendo per salvaguardarla?
Oltre a un livello alto di ricerca e monitoraggio, attività che forniscono gli elementi necessari a operare le giuste misure gestionali, si sono avviati alcuni progetti specifici di conservazione attiva. Che prevedono tra le altre, azioni di ripopolamento. Per la precisione di rinforzo numerico e genetico.
A tal fine nell’ambito del Progetto Life Lynx e nel progetto ULyCA (Urgent Lynx Conservation Action) sono previsti rilasci di animali svizzeri e di provenienza carpatica (Slovacchia e Romania) per migliorare lo status della popolazione locale, in grave crisi.
Al momento sono 6 gli animali già rilasciati (2 in Italia nel Tarvisiano in ambito di ULyCA nel 2014, 2 in Croazia e 2 in Slovenia a cavallo tra il 2019 e il 2020). Altri 10 i rilasci previsti in Slovenia e Croazia.
Come si effettua il monitoraggio sugli esemplari presenti? Usando il fototrappolaggio?
Il monitoraggio inizia con una attento lavoro di campo, con il cosiddetto metodo naturalistico classico. Ovvero ricerca di tracce, escrementi, resti alimentari. Il fototrappolaggio è fondamentale. Essendo la lince un felide maculato, ed essendo le maculature individuali (come una impronta digitale) sono riconoscibili singolarmente. Questo aiuta, con l’applicazione di modelli statistici, di poter effettuare attendibili stime sull’abbondanza. Lavoriamo con le fototrappole da quasi 30 anni.
Le prime erano dei rudimentali apparecchi assemblati artigianalmente. Con le pellicole. Abbiamo contribuito molto anche alla ricerca e sviluppo di queste apparecchiature, lavorando in stretta collaborazione con diversi produttori. Alcuni modelli sono stati sviluppati ad hoc per le nostre esigenze, e so sono ben piazzate sul mercato. Abbiamo usato e usiamo diversi modelli, a seconda delle esigenze e delle prestazioni delle singole apparecchiature.
Un ulteriore metodo di monitoraggio è il campionamento genetico. Il massimo livello lo si raggiunge con la telemetria, che tuttavia presuppone la cattura degli animali. Trattandosi di un metodo invasivo, siamo molto attenti a sceglierlo solo nelle situazioni in cui sia assolutamente necessario.
Come si comporta la Lince nel suo ambiente? Durante la riproduzione?
La lince è un animale molto elusivo. E solitario. È territoriale con territori esclusivi per maschi e femmine. Ha territori – gli home range – piuttosto grandi, mediamente di 20- 25.000 ha. Sono necessari per un predatore che per avere successo nella predazione deve sfruttare l’effetto sorpresa.
Se cacciasse in un territorio troppo piccolo, perderebbe questo vantaggio vitale. Solo durante la stagione riproduttiva, a febbraio – marzo, i maschi e le femmine si incontrano.
Poco più di due mesi dopo nascono i piccoli, da uno a tre, eccezionalmente quattro, in una tana. È la sola femmina a occuparsi della crescita. All’inizio della successiva stagione degli amori i piccoli e la femmina si staccano. Inizia il cosiddetto periodo di dispersione e i giovani individui vanno alla ricerca di un proprio territorio da occupare.
Di cosa si ciba prevalentemente?
Le prede della lince partono dai piccoli roditori per arrivare a ungulati grandi. Il 90 % delle prede tuttavia è dato da ungulati. Caprioli, camosci e cervi. Compaiono regolarmente tra le prede lepri e volpi, tutte le altre specie sono predate solo raramente.
L’arrivo dei lupi in questi territori può comportare delle problematiche o le due specie riescono a convivere?
Pur essendoci una chiara concorrenza, normalmente le due specie riescono a convivere. Il problema piuttosto è un altro. Mentre orso e lince sono generalmente tollerati dalle popolazioni rurali, da allevatori e cacciatori, il lupo non lo è per niente. L’arrivo del lupo (come sta accadendo ora nel Tarvisiano) può “strapazzare” questo grado di tolleranza. E la risultante può essere poi una generale avversione nei confronti di tutti i predatori.
La lince può essere pericolosa per l’uomo?
Assolutamente no. A parte casi aneddotici di aggressioni causate da particolari patologie come la rabbia silvestre, non sono noti e documentati casi di aggressione.
Mi racconti brevemente alcune storie delle linci che monitorate?
Ci sarebbe la storia di MT01, lo storico maschio tarvisiano monitorato per una dozzina di anni, la prima lince catturata in Italia nelle Alpi Giulie. E poi la storia di Jura, una femmina traslocata, che ha dato vita alla prima riproduzione documentata sul territorio nazionale, ma ne parleremo più avanti con articoli specifici.
Nei prossimi anni il numero cosa ci posiamo aspettare riguardo la presenza della Lince in Italia?
Difficile fare delle previsioni. Attualmente il silenzio e l’indifferenza delle istituzioni preposte alla conservazione di questa specie autoctona sono disarmanti. Tuttavia qualcosa si muove. Grazie all’impegno del nostro Progetto Lince Italia insieme al Raggruppamento Carabinieri Biodiversità (Carabinieri Forestali) riusciamo a elaborare importanti strategie per la conservazione.
Insieme alle collaborazioni internazionali come in seno al progetto Life Lynx possiamo aspettarci una ripresa almeno numerica. Ma è necessario costruire ancora molte collaborazioni e fare ancora molta informazione, affinchè tutti comprendano l’importanza di queste attività e della salvaguardia di una specie affascinante e importante in egual modo, come la lince.
Grazie mille Paolo per questa bellissima intervista e grazie per lo stupendo lavoro che portate avanti come Progetto Lince Italia. Buon lavoro!
Grazie per la lettura e buon fototrappolaggio!