Marco Lucchesi wildlife biologist intervista sul fototrappolaggio

La storia di Marco Lucchesi

Indice dell'articolo

Ciao Marco piacere di conoscerti e benvenuto! Iniziamo con le presentazioni:

Marco Lucchesi, biologo o meglio Wildlife Biologist, ovvero un biologo che si occupa di conservazione e gestione della fauna. Purtroppo il termine in Italia è spesso tradotto in “tecnico faunistico”, che invece è un altro “mestiere” al quale si accede non solo dalle Scienze Biologiche o Naturali, ma anche da Agraria e Sc. Forestali e da Veterinaria. Inoltre ci sono molti personaggi dal dubbio percorso formativo che amano farsi chiamare così…le solite cose all’italiana! Comunque, tornando a me: mi sono laureato nel 2001 a Pisa in Scienze Biologiche, per l’appunto, con formazione da Ecologo. Mi sono quasi subito allontanato dal mondo della ricerca universitaria, che non era affatto adatto al mio (brutto) carattere e ho seguito per specializzarmi diversi corsi di formazione, per poi cominciare a fare il lavoro di Biologo (in seguito all’abilitazione professionale) per una piccola cooperativa di servizi in campo ambientale.

Quell’esperienza mi ha permesso (oltre a fare un sacco di “lavori” diversi, dall’educazione ambientale, alla formazione, al turismo sostenibile, all’agricoltura ed all’allevamento, alla gestione di rifugi, ecc. ecc.) di cominciare ad avere rapporti con diverse strutture pubbliche o private (associazioni, atc, parchi, CFS, ecc..) mettendo a frutto i miei studi.

Nel 2006, poi, ho deciso di provare la strada della libera professione ed, mi sono iscritto all’ordine nazionale dei Biologi, ho aperto partita IVA ed ho cominciato a lavorare in maniera autonoma.

2) Da quanto tempo ti occupi di fototrappolaggio?

Da circa 13 anni. Ho cominciato ad utilizzare foto trappole (le “vecchie” Digitrap di Ettore Centofanti) per il primo lavoro sul gatto selvatico europeo che ho svolto come collaboratore scientifico dell’allora Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Pratovecchio, del CFS (adesso Reparto Carabinieri Biodiversità), ente gestore delle Riserve Biogenetiche Casentinesi, cuore dell’omonimo Parco Nazionale. Il lavoro era svolto in parallelo con il Museo di Ecologia di Meldola (Forlì, Dr. Giancarlo Tedaldi) e in stretto contatto con l’Università di Perugia, con il gruppo del compianto Prof. Ragni.

Alcune foto di un gatto selvatico ripreso da una fototrappola:

Nel 2009 mi sono comprato le prime apparecchiature “moderne” (4 ScoutGuard modello BolyGuard, quelle con il telecomando esterno, tanto per capirci), per un grosso studio di Impatto Ambientale e di Incidenza commissionatomi da una società costruttrice di parchi eolici.

3) Che cos’è il fototrappolaggio per te?

Credo che per un biologo di “campo” il fototrappolaggio sia stata una svolta, una pietra miliare: ci ha consentito, dopo anni di intemperie, sveglie ad orari improbabili, nottate, sessioni di avvistamento col binocolo incollato agli occhi, di poter ottenere dati di alta valenza sulla presenza, sull’ecologia, sul comportamento di specie elusive, con la possibilità di ottenere al contempo, “reperti oggettivi” spesso di grande qualità (foto e video). Il progresso nell’utilizzo a fini scientifici del fototrappolaggio ci ha poi consentito di utilizzare quei video e quelle foto come veri e propri dati da elaborare per ottenere informazioni su demografia, struttura, distribuzione ecc.., di popolazioni di Mammiferi in particolare. Nessun biologo di campo avrebbe potuto mai ottenere, su nessuna specie, una mole di informazioni in continuum, come quelle che abbiamo cominciato ad avere grazie alle fototrappole.


4) Come si integra nel tuo lavoro di ricerca e monitoraggio/censimenti?

Il foto-videotrappolaggio è diventato parte integrante delle metodologie utilizzate comunemente da un biologo per ottenere dati su qualsiasi specie. Come dicevo prima, i progressi nelle routine di elaborazione dati o di archiviazione di essi, rende imprescindibile questa tecnica, in qualsiasi tipo di progetto e ricerca.


5) Dove hai svolto il fototrappolaggio?

In pratica in tutte le aree di studio in cui ho lavorato dal 2006 ad oggi: aree protette (Parco Regionale delle Alpi Apuane, Riserve Biogenetiche e Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, altre Riserve gestite dal Corpo Forestale), ma non solo. Ovunque a seconda dei progetti in cui ho lavorato. Dall’Appennino Romagnolo alla costa toscana, alla Sicilia ed alla Calabria.

6) Per quali attività di monitoraggio/censimento è stato fondamentale?

Sicuramente per lo studio di mammiferi elusivi, con abitudini prevalentemente notturne o con piccole dimensioni. Rispondere lupo e gatto selvatico, o martora o puzzola è fin troppo facile!

Ma ho utilizzato la tecnica anche per stime demografiche (capriolo e cinghiale) o per verificare altri tipi di attività di indagine, come il trappolaggio in vivo di micro Mammiferi.

7) Fototrappolaggio e fotografia naturalistica quanto sono complementari nel lavoro di monitoraggio/censimento?

Sono cose completamente diverse e necessitano tempistiche, approcci e soprattutto apparecchiature differenti. Io, da quando ho cominciato a “andar dietro alle bestie” per lavoro (ovvero per come la vedo io, già durante la tesi), mi sono gradualmente staccato dall’esercizio della fotografia naturalistica, per essere più attento alla “raccolta dati”, indipendentemente dalla ricerca della “bella foto”.Credo che il foto-videotrappolaggio sia nato e debba essere utilizzato per la ricerca scientifica e per il monitoraggio, ed io lo uso così. Senza puntare a foto o video “belli”, ma cercando di ottenere “reperti” che siamo funzionali a ciò che mi chiede la scienza.Per molti fotografi naturalistici il fototrappolaggio è diventata un’estensione della professione, un modo per ottenere immagini “diverse”. Ma questo esula completamente dall’uso che ne fanno gli studiosi, pur potendo ugualmente fornire “dati” utili ad essi.

8) Quali fototrappole hai usato e quale consigli?

Ne ho usate molte e di qualità completamente differenti: dalle ScoutGuard e Digitrap (che citavo prima), alle Acorn (spesso chiamate Multipir-12), fino alle UOVision, alle O-led con led nel campo del visibile, alle Cuddeback C1-C2, fino alle Bushnell trophy ed alle economiche Minitrap, Distianert, Apeman e Boskon. Secondo me non conta molto la macchina, ma la tua capacità di conoscerla e utilizzarla in campo di conseguenza. Io ho ottenuto dati anche da macchine con trigger time alti o con tempi di attivazione scandalosi. Ho ottenuto video chiari e leggibili con risoluzioni 640X480, con illuminatori che parevano candele nella notte…

Quindi direi che forse non esiste la foto-videotrappola ideale, esiste solo l’esperienza di ciascuno per mettere a frutto le caratteristiche di ognuna di esse. Poi se devo fare dei nomi: UOVision UV565 e UV575 (la versione “panoramic” con angolo a 110°) e la Bushnell trophy. Sconsiglio invece: Minitrap e Cuddeback C1-C2 (per le Cuddy sicuramente migliori le vecchie Ambush e Attack)


9) Hai dei consigli per un novizio? Dove farlo, come farlo?

Qui divento antipatico, perdonatemi. Io NON consiglio l’utilizzo del foto-videotrappolaggio per finalità ricreative o come tecnica per mettersi in mostra sui social. Io concepisco il foto-videotrappolaggio solo per finalità scientifiche o di ricerca. Chi lo usa dovrebbe essere preparato e non improvvisarsi, quindi aver avuto una formazione biologico-naturalistica. Altrimenti dovrebbe essere inserito in un contesto di ricerca, come operatore volontario, e seguito da un responsabile o da un ente pubblico che poi utilizzerà le sue immagini per fini di conservazione o gestione. La corsa al “bel video” da ottenere con ogni mezzo è una cosa che disincentivo da sempre.

10) Qual’è l’animale che è stato più difficile da riprendere?

Non ho avuto esperienza con grossi Felidi o orso, quindi la mia risposta sarà per forza parziale: per ricollegarmi a quanto dicevo sopra, bisogna essere “preparati” e “formati” nell’utilizzo di questa tecnica. Avendo delle basi di biologia, zoologia, ecologia e avendo fatto del “campo”, sicuramente non si avranno difficoltà a riprendere animali anche elusivi (come lupi e gatti selvatici). Non conta la fototrappola, ma la conoscenza che noi abbiamo della specie che dobbiamo studiare e del territorio in cui stiamo operando.

11) E quello che ti ha dato più soddisfazioni?

I carnivori in generale danno grandi soddisfazioni, sono relativamente facili da foto trappolare. Ho bellissimi video di lupi, di gatti selvatici, di martore. Ma anche di mufloni ad esempio! E foto o video “buffi”di tante altre specie.

12) Raccontaci delle storie o spiegaci dei video che hai fatto e che trovi interessante!

Due video belli di lupi nel Parco delle Alpi Apuane: uno con un giovane che giocava con la foto trappola cercando di attivarne i led, uno con tutto il branco che seguiva il “capo” che aveva orgogliosamente in bocca un pallone. Altrimenti tutti i video di gatti selvatici che si strusciano furiosamente sui paletti utilizzati per il prelievo dei peli, per lavori di genetica non invasiva. O, ultimamente, una serie di video di mufloni maschi di varie età che “combattono” (ma in realtà sono giochi gerarchici) davanti alla macchina.


13) In quali parchi hai lavorato?

Parco Regionale delle Alpi Apuane, Parco Regionale della Maremma, Riserve Biogenetiche Casentinesi, di Cecina e di Feniglia, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, poi anche altri che non ricordo!


14) Per un fototrappolaggio etico e non invasivo che attenzioni bisogna avere?

Mi ripeto: preparazione e formazione scientifico biologica e inclusione in progetti ufficiali portati avanti da enti di gestione del territorio. NO strattagemmi come attrattivi alimentari o odorosi (se non finalizzati a prelievo di campioni)! NO ad utilizzo o spostamento o manipolazione di carcasse o predazioni! NO ingresso ripetuto in siti sensibili per le specie (es. tane o siti di nidificazione, o rendez-vous sytes per i lupi). Considerare che molte specie sono particolarmente protette per le nostre leggi nazionali o incluse in allegati di direttive europee! Un bel video da far vedere agli amici, o con il quale “fare i grossi” su Facebook non giustifica il disturbo arrecato a qualsiasi individuo di qualsiasi specie.

I fototrappolatori compulsivi, per quanto si sforzino, non saranno mai “naturalisti esperti”, per esserlo ricordiamoci che ci vuole un percorso di studi di anni, con costi da affrontare, e una laurea, come minimo. Manca una regolamentazione specifica sul fototrappolaggio, se non qualche articolo a riguardo incluso nel regolamento di qualche parco. Questo per me non va bene. Cominciamo a studiare e poi potremo parlare di etica.


15) Parliamo di lupi, com’è la situazione odierna? Fino a dove si sono spinti?

Manca una stima nazionale supportata da protocolli di indagine unificati, quindi dal punto di vista demografico abbiano i circa 1600 individui sull’Appennino del Piano di conservazione e gestione, ancora al Ministero; i 1600-1700 di Galaverni et al., articolo del 2016 mi pare; i 490 lupi conteggiati sulle Alpi dal progetto Life WolfAlps (2018); i 530 lupi toscani del progetto regionale 2015….che dire? Diamo i numeri e questo è inconcepibile ma tristemente vero. Si spera veramente nell’avvio del piano nazionale di monitoraggio, coordinato da Ispra, che dia una regolata a questa confusione ed ai tanti “personalismi” che girano nell’ambiente della ricerca sul lupo.Al di là di ciò, dal punto di vista ecologico il lupo è arrivato là dove nessuno avrebbe mai pensato: coste sabbiose e ambienti dunali, paludi, pianure intensamente coltivate, periferie di paesi e città: un animale di successo dal punto di vista biologico, e sicuramente un successo delle politiche di conservazione perseguite a livello nazionale dagli anni ’70.Per quanto riguarda la distribuzione: manca solo come continuità di areale nella parte orientale delle Alpi, poi è ovunque. In certe zone non arriverà mai alla saturazione (es. Pianura Padana), ma abituiamoci ad avere saltuariamente nuclei riproduttivi anche vicino alle aree urbane. Chiaramente queste “nuove” presenze andranno monitorate particolarmente, ma senza nessun timore o allarmismo da uomo del medioevo…

16) Gatti selvatici e Puzzole, com’è la situazione odierna?

Bella domanda! Dal punto di vista delle consistenze, qualcosa si sa sul gatto, con affidabilità così bassa da non poter nemmeno “dare i numeri”; niente di niente invece si sa sulla puzzola. Come distribuzione: il gatto selvatico è presente con quattro popolazioni, siciliana, appenninica (popolazione “sorgente” più settentrionale nelle Foreste Casentinesi, ma individui presenti fino alle province di Pistoia e Bologna), ligure (“ricomparsa” recentemente) e alpina orientale (popolazione ben assestata in Friuli e nuclei di espansione nelle Dolomiti bellunesi). Per la puzzola non si hanno dati certi a livello nazionale, è un animale molto elusivo e poco studiato, anche dove ben presente.

Fra poco probabilmente riusciremo, con alcuni colleghi, a fare una review della sua distribuzione (ottenuta proprio con il foto-videotrappolaggio) nelle Foreste Casentinesi.

Grazie mille Marco per questa bellissima intervista. Buon lavoro!

Consiglio due eventi che si terranno presto:

  1. il corso-workshop organizzato dall’Associazione Teriologica Italiana come GRIMEC (Gruppo per la ricerca e la conservazione dei Meso Carnivori italiani) “Il Fototrappolaggio a fini scientifici: dalla scelta della foto trappola all’analisi dei dati”. Per info clicca qui.
  2. Convegno sul gatto selvatico a Spoleto il 18-01 pv, in memoria del Prof. Ragni. Per info clicca qui.

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