Intervista a Marco Antonelli sul fototrappolaggio

La storia di Marco Antonelli

Indice dell'articolo

Ciao Marco piacere di conoscerti e benvenuto! Iniziamo con le presentazioni:

Mi chiamo Marco Antonelli, sono uno zoologo e una guida ambientale escursionistica, e mi occupo in primis di monitoraggio e studio della fauna selvatica, in particolar modo mi dedico a progetti sui Grandi Carnivori: lupo e orso. Mi dedico poi ad attività di divulgazione, sensibilizzazione e formazione sul campo, con campi di studio dedicati alla fauna selvatica sulla quale lavoro. Collaboro da anni con LIPU e WWF.

Da quanto tempo ti occupi di fototrappolaggio?

Mi occupo di fototrappolaggio dal 2011, quando per la tesi di laurea cominciai ad utilizzare i primi modelli per studiare alcuni comportamenti dell’orso bruno marsicano. Da allora gli apparecchi e le tecniche sono avanzate molto devo dire. E le fototrappole sono diventate strumenti importanti negli studi faunistici.

Che cos’è il fototrappolaggio per te?

In primis per me è uno strumento di lavoro. Infatti oggi le fototrappole sono strumenti importanti per raccogliere dati di presenza di specie elusive, studiare le dinamiche sociali, stimare le dimensioni di popolazione e costruire modelli di utilizzo di habitat per diverse specie.
Ovviamente poi è anche una bellissima passione. Il montaggio di stazioni di fototrappolaggio e il controllo dei risultati sono attività divertenti e stimolanti, e che ti aiutano ad entrare in contatto con le specie selvatiche e i loro ambienti, e ti consentono di avere un occhio nascosto su quello che accade nel bosco.

Come si integra nel tuo lavoro quotidiano di ricerca?

Oggi utilizzo le fototrappole in primis nel monitoraggio della presenza del lupo nelle aree della Riserva del Litorale Romano e dell’Oasi LIPU Castel di Guido, a pochi km da Roma.
Questa tecnica, unita ad altre, ci permette di conoscere dati scientifici fondamentali su questa specie molto elusiva e difficile da rilevare.

Dove hai svolto il fototrappolaggio?

Ho partecipato a progetti di ricerca e monitoraggio di diverse specie di fauna selvatica che utilizzavano fototrappole in differenti aree. Dall’Abruzzo all’Appennino Tosco-Emiliano, fino al Litorale Romano.

Quali fototrappole hai usato e quale consigli?

Ho usato davvero molti modelli, dai più economici ai più costosi. Ovviamente la qualità si paga. Mi sono trovato molto bene con le Cuddeback, sebbene in siti delicati possono arrecare qualche disturbo alla fauna, a causa del flash visibile. Ottime anche le Browning, con qualità notturna e diurna davvero notevoli. Per ora nella mia personale classifica in testa metto la Spy Point force 11D, un modello americano che mi ha sorpreso non solo per l’eccellente qualità, ma anche per la velocità di attivazione (trigger time), nettamente più veloce rispetto anche ad altri modelli top. E quando si ha a che fare con specie elusive e veloci come i lupi là velocità di attivazione è fondamentale.

Hai dei consigli per un novizio? Dove farlo e come farlo?

Innanzitutto voglio sottolineare che le prime regole sono sempre la legalità e l’etica.
Occorre sempre quindi comunicare che si sta svolgendo fototrappolaggio in un’area, e nel caso di aree private o aree protette, occorre anche avere i necessari permessi. Occorre poi evitare di disturbare le specie selvatiche, soprattutto le più delicate. Mai mettere fototrappole in aree delicate e in periodi biologici sensibili. Dunque mai porle vicino a tane, zone di allevamento di cucciolate, in aree di alimentazione delicate (es. i ramneti per l’orso in estate), almeno che dietro non ci sia un progetto strutturato di ricerca da parte di enti pubblici, con obiettivi di ricerca importanti.
Detto questo, altro consiglio che mi sento di dare, è ovviamente stare attenti alla sicurezza. Le fototrappole messe su sentieri frequentati ad altezza occhio vanno evitate, per evitare furti o danneggiamenti. Sempre bene mimetizzare l’apparecchio e nasconderlo agli occhi dei passanti.

Qual’è l’animale che è stato più difficile da riprendere?

Dietro una buona efficienza nel fototrappolatore ci sta sempre una ottima conoscenza della specie target che si vuole riprendere. Ovviamente le specie rare ed elusive sono le più difficili, ed occorre conoscenza del territorio, delle abitudini della specie e dei passaggi preferiti. Per questo prima del fototrappolaggio occorre prima studiare bene la zona e rinvenire i segni di presenza delle specie di interesse.
Quindi direi che ad esempio riprendere i lupi in un’area di neo-ricolonizzazione, come le aree naturali intorno a Roma, non è stato subito semplice.

E quello che ti ha dato più soddisfazioni?

Sicuramente l’aver trovato e aver ripreso la cucciolata di lupi nelle aree del Litorale Romano, dove la specie era assente da decenni e non si registrava una riproduzione da quasi un secolo.
Le aree di rendez-vous sono zone molto nascoste dove i lupi allevano la prole nel periodo estivo. Sono aree delicate, dove il disturbo va minimizzato, e dove queste ricerche e le visite vanno svolte con la minor frequenza possibile e solo nel caso ci siano specifici obiettivi di ricerca dietro.

La cucciolata di Lupi ripresa da Marco nel litorale romano

Raccontaci delle storie o spiegaci dei video che hai fatto e che trovi interessante!

Di storie ne avrei tantissime da raccontare. Tra quelle a cui sono più affezionato ci sta la storia del lupo che gioca con la fototrappola. Generalmente i lupi sono tra le specie più attente a ciò che hanno intorno, e sono molto diffidenti anche verso le fototrappole, dalle quali spesso possono anche venire spaventati.
In quel caso invece un giovanotto di 6-7 mesi d’età decise di giocare con la fototrappola, con il tipico atteggiamento che vediamo spesso anche nei cani, con testa bassa e sedere e coda in alto.

Grazie mille Marco per questa bellissima intervista!

Vi consiglio di seguire la pagina Facebook Canis Lupus Italicus – Lupo Appenninico.

Condividilo sui social

Ti potrebbe interessare:

Rimani in contatto